Intuizioni per dire realismo
La nascita di questo palazzo ferrarese può collocarsi nel Quattrocento, mentre per la prima ristrutturazione risale a un secolo fa. Quando fu deciso di trasformare il granaio ad abitazione probabilmente pochi riuscivano a prefigurare un risultato così convincente, nonostante la spazialità e l’altezza dell’ambiente che danno la misura dell’importanza dell’intero edificio. Dal 1976 la casa ha assunto l’aspetto attuale: con una ristrutturazione attenta e fantasiosa sono state svelate e non prevaricate le indicazioni e possibilità tipologiche, considerando l’impianto originario materiale di lavoro da cui partire per articolarlo e riconnetterlo secondo un’idea precisa, mai per annullarlo o confusamente esibirlo.
L’ingresso della casa è costruito da un ambiente dimensionalmente contenuto ma molto profondo. Sul fondo si intravede una cassapanca del Seicento con oggetti d’epoca. Dello stesso periodo lo stipo in noce, Ben più ampio respiro ha la parte centrale dell’alloggio, caratterizzata dal soffitto inclinato, dal soppalco e dal terrazzino: l’armadio cinquecentesco viene impreziosito dalle maioliche fiorentine dell’Ottocento, la Pietà lignea è illuminata da una lampada da terra di Tito Agnoli per O-Luce, il divano in pelle e il tavolino ovale multistrato sono della Knoll International, la frutta in vetro proviene da Murano e dall’Ottocento.
Numerosi tappeti orientali e da preghiera anatomici.
Sempre sullo sfondo si può apprezzare il bassorilievo ligneo policromo su fondo oro raffigurante una Pietà: è del Cinquecento spagnolo.
Il tetto inclinato contravi e travetti in legno a vista trova nei lucernari apribili e oscurabili un indovinato riporto di luce. Sul pavimento in cotto a elementi quadrati disposti obliquamente e arricchito da preziosi tappeti si susseguono elementi moderni e antichi. I salotto in pelle è accompagnato dalle classiche poltroncine “Wassily” disegnate da Breuer e prodotte da Gavina. Sull’antico scrittoio addossato alla parete la lampada da tavolo serie “Spider” di Joe Colombo per O-Luce.
La parte pranzo no si presenta meno affascinante: il tavolo fratino del Cinquecento viene adornato da una seduta che proviene da un coro del XVII secolo.
Nell’angolo un’altra citazione: la finestra a bifora umbro medioevale.
Gli scorci sul soggiorno permettono di cogliere le relazioni tra i vari elementi. Accanto alla scala che sale al soppalco, un camino “a giorno” emerge in una parete scandita da oggetti antichi, candelieri lignei e argenti. In primo piano una cassapanca nuziale pirografata: si tratta di un pezzo veneto del Cinquecento.
Così la sezione trapezoidale con il tetto inclinato può essere tuttora goduta, anche se è stata sapientemente rielaborata con il soppalco. Travi a vista e pavimento in cotto, lucernari e grandi aperture verticali sui terrazzi; uso di porte in legno e di intonaco dipinto di bianco, scelta dei mobili continuamente correttiva a impedire che prevalesse ora l’aspetto rustico, ora quello antico o un’iimagine staticamente moderna; questi ed altri tratti caratterizzano una casa senza dubbio fortunata, dove comunque l’equilibrio ricercato
È frutto di paziente sapienza, dove come agisce colui che sa leggere oltre l’apparenza e cogliere le indicazioni che il reale già contiene in attesa di essere messe in luce. La doppia altezza e il doppio livello non si perdono in confini senza definizione, ma vengono precisati dalla maglia lignea.
Allo stesso modo i mobili antichi sono valorizzati da appropriati oggetti d’ornamento mentre i pezzi di design sempre con i primi si confrontano. La cassapanca nuziale cinquecentesca “confina” con il divano in pelle nera, fra gli imbottiti di linea moderna e il pranzo del secolo XVI e XVII; alla poltrona Wassily, con la cromatura e le linee paradossalmente classiche, è affidato il compito non arduo di alleggerimento e mediazione. Sono solo esempi che però si ripetono in tutti i locali, anche nella camera da letto dove il rattan viene inserito con soddisfazione in un’importa ottocentesca. Le lampade sono per la maggior parte attuali ma anche in questo caso si può dire proprio che il linguaggio dà un risultato omogeneo. L’apprezzamento o meno di una casa non può fondarsi su un discorso di verità oggettiva perché dipende dalle tendenze di gusto personali, ma è pur vero che quando l’intervento progettuale parte dalla compressine e dalla non contraddizione con l’esistente, il senso di adeguatezza, di adesione alla cultura collettiva che è in ognuno di noi, diventa condizione più che sufficiente per inebriarsi delle ulteriori scelte. Quelle d’arredo qui non potrebbero essere maggiormente felici.
Sul soppalco la destinazione al gioco delle carte offre l’occasione di una collocazione solitaria e ideale al tavolo ovale e alle sedie Retourn d’Egypte in legno di rosa.
Accompagna questi splenditi pezzi uno scrittoio fine Ottocento; nell’angolo la lampada “Parentesi” di Achille Castiglioni e Pio Manzù per Flos.
Il terrazzo, sbocco ideale del soggiorno, è anche collegato alla cucina. Le seggioline anni ’59 sono in smidollino e prodotte da Bonacina.
Per la camera studio, con pavimento a parquet e perlinatura di legno sul soffitto inclinato, l’articolazione del volume gioca con un arredamento prevalentemente ottocentesco. Belle le poltroncine Luigi Filippo, apprezzabile è lo stipo in lacca cinese con intarsi d’avorio e pietre collocato sul fondo accanto alla porta. Il letto è in rattan con legature in cuoio: prodotto da Gervasoni, ha la testiera e la pepiera in paglia di Vienna.
La dolce Ferrara, dove la casa è situata, è città meravigliosa: con il suo Castello, con il Palazzo dei Diamanti, con quei pieni e quei vuoti abilmente distribuiti sul territorio. La dolce Ferrara, dove le mura circoscrivono inestimabili tesori, viene detta anche città degli innamorati. La dolce Ferrara ha acquistato, con la ristrutturazione di questa casa, una conferma di seduzione.