Saracino Arreda: L’ARTE ‘PRECOLOMBIANA’
Più ci si addentra nello studio delle espressioni artistiche dei popoli cosiddetti primitivi e delle Culture Precolombiane, e più ci si rende conto di quanto i “rnoderni” creino, pensando siano innovazioni forme e tecniche che in realtà non sono che riscoperte.
La prima cosa che colpisce è l’originalità, la fantasia, i ritmi del decoro e dei colori di incredibile gusto le squisite armonie chiaroscurali talvolta interrotte da andamenti lineari, gli accostamenti e successioni cromatiche. Questo per quanto riguarda l’estetica.
Se si prende una lente di ingrandimento per osservare le trame dei filati, subito
si rimane sorpresi dell’alta qualità tessile nonostante il telaio semplificato, su cui si crearono lavori con grande varietà di intreccio rimasta invariata in molte armature utilizzate nella tessitura modema.
Infatti gli antichi Peruviani possedevano una grande abilità tecnica nella filatura e torsione, costante e regolare, di grande finezza e senza difetti.
I temi decorativi hanno in generale un’accentuata stilizzazione geomerica dovuta al loro raffinato gusto, per quella precisa conoscenza delle forme da raffigurare che consentiva di rappresentarli in una nitida sintesi dove i soggetti sono composti e scomposti in linee schematiche, oppure con complessi elementi cromatici e chiaroscurali, ma sempre con un preciso senso delle forme e con estrema chiarezza del disegno.
C’è comunque da considerare che questa sintesi espressa nel decoro, fu sì un tipico tratto culturale ma nell’arte tessile fu in un certo senso imposta dagli strumenti impiegati che, se si esclude il ricamo, nell’arazzo e nelle stampe, limitavano la tessitura entro certi schemi.
Osservando un tessuto questi elementi si fondono tra loro creando una fisionomia ben determinata con un preciso significato.
La decorazione dei tessuti può essere figurativa o geometrica, quella figurativa è espressa attraverso disegni e immagini connesse al mondo naturale e alla religione. In quest’ultimo caso il tessuto assume un significato divino con un preciso valore simbolico attraverso cui sono trasmessi i concetti e le tradizioni che devono sopravvivere, essere tramandati e così unificare. Questo aspetto fu in un certo senso “esasperato” nell’Impero Inca, dove il tessuto in tutte le sue forme ed usi aveva una estrema importanza nel mantenimento dei valori tradizionali, tanto che nel XVI secolo gli Spagnoli ne vietarono l’uso e la fattura. In tale contesto il tessuto era il dono per eccellenza, la merce privilegiata attraverso cui si creavano e rinforzavano vincoli di alleanza e solidarietà tra gli individui, i clan, le classi e le differenti etnie, oltre che avere altri aspetti: pratici e decorativi, di non minore importanza.
Saracino Arreda: quando l’oggetto crea l’ambiente
Questa tavernetta dal fascino discreto ed accogliente dà il massimo rilievo all’oggetto cercato e voluto in quanto espressione di valori d’arte e tradizione che si sentono sempre validi.
Con la sua essenziale e massiccia forma geometrica, ci dà il benvenuto l’imponente torchio per uva, lo protremmo quasi parago¬nare ad una vigorosa scultura.
Alle sue spalle ci sorprende il sorriso enigmatico di un mascherone in pietra che fa parte di una fontana del XIX secolo.
Il pavimento in lastre di pietra serena di una delicata tonalità neutra, le pareti e i soffit¬ti strollati a mano ad intonaco bianco, dan¬no il massimo risalto alla grande composizione murale che spicca sulla parete.
Si tratta di un “mosaico” interpretato in chiave attuale. Parte integrante di questa composizione a mosaico, è una struttura costruita su tre elementi che si armonizzano perfettamente: alla base è una colonna romana sopra la quale poggia i capitello d’epoca più tarda, probabilmente romanico, il quale termina con un pregevole lavoro in ferro battuto dell’ottocento.
Particolarmente adatto a rustiche cene, ecco un imponente “fratino” con attorno scanni e comode panche.
Il leone, ben visibile nella foto, è una splendida scultura d’epoca medievale: è scolpito in una pietra lavica piuttosto friabile per cui le sue forme, attraverso i secoli, si sono ammorbidite e sfumate, portandolo ad as omigliare al volutamente “non finito” di una scultura moderna.
Nella foto uccessiva notiamo un bel primo piano del secentesco portone d’entrata e dei due angoli portaceri in legno policromo, poggianti su men ole in pietra. Allegra e decorativa, la collezione di stampi per budini in rame, è appesa ad una grata in ferro battuto.
L’illuminazione è risolta con faretti ad incande cenza che danno una luminosità più calda dei faretti alogeni.
Leggere il Giardino
Riflessione
La possibilità che l’uomo ha di scindere nella riflessione la natura circostante crea il grande sforzo di razionalizzazione dei processi naturali che lo accompagnano durante il percorso della sua vita. Un ramo che si muove lo accomuna al braccio che fende l’aria, le onde e i gorghi richiamano i capelli che fluttuosi scendono sulle spalle e, quando il fiore, giunto ormai al suo estremo schiudersi si lascia togliere ad uno ad uno i suoi petali, è simile a vuoti momenti in cui il passato sfuma e il futuro diviene inesistenza .
Attraverso un processo naturale il percorso è danza e lo spazio spirito che trae la linfa vitale dall’essenza della terra; dal mondo degli antenati, tra meandri della vita, nel passaggio natura/corpo matemo, in quella sintesi che lo lega all’universo. Firmamento/terra.
In questa identificazione, la contemplazione si armonizza sottilmente con la natura e i suoi ritmi colgono il privilegio di condizione paradisiaca nello stretto rapporto in cui il tempo antico lega e sublima il nostro spirito ai padri.
Nella vita in cui la travagliata ricerca ci guida per sentieri complicati, incerti, perplessi è come essere dinnanzi alla scelta della via nel bosco o ai percorsi disegnati del giardino. Nel giardino la nostra immaginazione ne stabilisce la crescita, e la verticale proiezione (per innalzarsi) .
Nel giardino i filari, il disegno geometrico e gli spazi assumono la dimensione di un ragionamento; l’accento o l’apostrofo posti tra una o l’altra parola, tra il senso e il pensiero (l’analisi dell’accaduto).
E quando la stagione precede cicliche ripetizioni è già crescita è già attesa del suo prossimo morire.
Spazi come respiri.
Conoscenza umana è la natura stessa, da essa derivano tutte le sensazioni pervenute alla nostra coscienza e alla realtà che ci circonda (ciò anche indipendentemente dal nostro volere) .
Per disegnare il giardino è necessario conoscere la materia, il clima il terreno in cui noi come natura siamo venuti alla luce.
E la nostra nascita e le nostre azioni nel giardino, vivono equilibratamente (scenogra!ia e recita nel teatro della vita) .
E i sensi, che avvertono le forme, il colore e l’odore ci legano all’emozione delle conoscenze.
un fiore accentuerà la linea sinuosa di un prato, il colore colmerà un attimo grigio di un autunno e le linee verranno descritte, spaziate, alternate a verdi e irti cespugli. Lo sguardo riveleverà archi e fioriture e l’occhio avrà il grande privilegio di spazìare e rimandare l’immagine alla mente; nel gioco di richiamo tra riflessione, tra l’esterno e U solco più profondo dell’io la creazione vivrà le tensioni e le contraddizioni (razionale composizione e irrazionale sviluppo, crescita deUa natura stessa) .
L’albero supererà il punto in cui il pensiero avrà progettato il suo prolungamento, diventerà radice e profumo nella traccia del tempo. Risultato e composizione dei sensi.
Nel guardare la terra nell’immaginarne il disegno, l’ordine imposto e il suo divenire c’è anche l’attesa dello scoprire tra i solchi il nascere del frutto
– risultato finale – compimento dell’opera.
llGiardino
Apparentemente immobile. Pensiero e proiezione dell’ideale. Disegno dell’uomo e dipinto che la natura, in contrapposizione, varia e colora.
Saracino Arreda: l’Archeologia industriale
Quale destino per i numerosissimi edifici industriali ormai alienati dalle loro funzioni produttive?
Si riapre con il riuso dei manufatti industriali un capitolo ormai ricco di esperienze quello sul riutilizzo dell’edificato, la cui convergenza socio-culturale e in molti casi anche economica, risulta ormai acquisita. Il riuso ha assunto
infatti significati sempre più ampi e differenziati nell’applicazione all’architettura monumentale, alla residenza urbana e rurale, fino ad interessare oggi l’architettura industriale che l’Archeologia Industriale ha avuto il merito di far riscoprire, dandogli dignità tale da rendeme interessante il recupero.
L’edificio industriale è stato pensato fino dalla sua prima fase di progetto per un “rìuso” anche se in rapporto alle modificazioni del processo produttivo, in molti casi si presenta così come un contenitore con fattezze indifferenziate rispetto a diversissime situazioni produttive. E forse per questo che spesso si è verificato un riuso spontaneo degli edifici produttivi (si pensi alle piccole filande o ai mulini all’interno del tessuto urbano trasformati in abitazioni), ma si sono verificate anche situazioni più consistenti, che hanno teso a un riassorbimento delle strutture produttive obsolescenti nella dinamica dei bisogni attuali, rappresentando in molti casi all’interno del centro abitato un potenziale di spazio disponibile a risoluzione di servizi carenti sia a livello comunale che sovracomunale.
Le numerose situazioni in atto di cui citiamo alcuni esempi, dimostrano che ormai l’interesse per gli edifici produttivi non è episodico ed è già possibile trarre delle considerazioni su queste esperienze ormai delineate.
Tecniche realizzazioni arredamenti: L’Imbottitura e la Tappezzeria
Imbottitura e Tappezzeria: con questi termini definiamo le lavorazioni che i nostri tappezzieri compiono per imbottire le sedute delle sedie o per rivestire alcuni particolari interni dei nostri mobili, funzioni di riempimento ai fini della comodità o pura funzione estetica decorativa. Anche in questo caso riprendiamo una tradizione propria dei maestri tappezzieri che sancirono un epoca d’oro di attività: ricordiamo che nel ‘700 i maggiori centri dell’imbottitura furono Venezia e Parigi.
Fregi, maniglieria e flrramenta: i fregi, categoria nella quale vogliamo inserire tutti i decori metallici con funzioni estetiche presenti nei nostri mobili, sono fedeli riproduzioni d’epoca in bronzo ottenuti tramite fusione in stampi di terracotta. La maniglieria assolve un doppio compito: funzione estetica e funzione pratica. Anche questi particolari metallici sono realizzati con cura e lavorazione artigianale. Per quel che concerne la ferramenta dei nostri mobili abbiamo sempre cercato di aggiungere funzionalità al prodotto tramite l’utilizzo di prodotti (chiodi, cerniere, etc.) conformi allo stile adottato.
Tecniche realizzazioni arredamenti: La Verniciatura e la Lucidatura
Verniciatura e Lucidatura : la tecnica utilizzata per la finitura del legno risulta fedele ai dettami classici della lavorazione del mobile in stile.
a) La prima fase è quella di preparazione del mobile grezzo: la levigatura dello stesso, la stuccarura e il rovinio manuale.
b) Viene poi fissato tramite vernice il grezzo del mobile in modo diverso nella parte interna e nella parte sterna, distinguendo i vani che hanno funzione di utilità dalle parti esterne che hanno una funzione estetica.
c) Abbiamo quindi il primo invecchiamento delle fibre del legno tramite un composto naturale formato da ossidi di terre portate all’ebollizione che una volta assorbito dal legno viene carteggiato e poi bloccato con fissante.
d) Passiamo quindi alla fase vera e propria di colorazione del mobile eseguita ancora oggi manualmente con pennello da un maestro lucidatore: arriviamo a dare sino a quattro, cinque mani di colore per ottenere il risultato de iderato che viene poi fissato con vernice.
e) Diamo successivamente il fondo per isolare il colore dato nelle fasi di lavorazione precedenti che viene a sua volta carteggiato.
f) Fase finale di lavorazione è la finitura del mobile con vernice – sottolineiamo che tutti i fissanti, le vernici e componenti utilizzati sono atossiche, conformi alle norme vigenti.
Caratteristica fondamentale del procedimento di finitura dei nostri mobili è la realizzazione del colore a stadi, strato dopo Strato come sopra descritto: queste numerose fasi di lavorazione ci permettono di ottenere una rrasparenza ortirnale per la valorizzazione dell’ essenza lavorata.
Per chi desidera una finitura che richiami in modo deciso il mobile antico offriamo la possibilità di finire il mobile a tampone a stoppino: procedimento che nacque in Francia alla fine del ‘700 alla cui base troviamo una sostanza resinosa di origine animale, ancora oggi tale lavorazione viene chiamata erroneamente a gommalacca perché un tempo si credeva che tale sostanza resinosa, per la particolare colorazione, fosse un lattice derivato da lacche orientali. Il nostro esperto lucidarore, prendendo in consegna l’articolo dopo l’ultima fase di lavorazione (finitura del mobile con vernice), utilizzando il tampone a mano per miscelare gli strati di vernice del mobile crea delle variazioni di brillantezza (lucido/opaco) che conferiscono al pezzo una finitura che richiama il mobile antico ottenendo anche l’unicità di realizzazione.
Tecniche realizzazioni arredamenti: La Falegnameria
Le tecniche utilizzate per le lavorazioni del legno massiccio e del legno lasrronato sono quelle artigianali, volute dalla tradizione dei maestri ebanisti. I telai dei nostri mobili hanno una struttura portante in legno massello, mentre tutte le superfici estese sono lastronare. La scelta tecnica di accoppiare una base di legno ad un’essenza pregiata ( Radicarura, Lasrronatura, erc.) è dettata dal risultato di notevole robustezza e resistenza alle deformazioni nel tempo: tale traguardo è orrenibile mediante l’utilizzo di colle e con l’accorgimento di sovrapporre dei legni con le fibre diversamente orientate, così da compensare i movimenti naturali del legno. Anche l’intarsio che caratterizza buona parte della nostra produzione ha radici antiche, tecnica che vide la luce in Francia nel ‘600 (rnarquererie). L’intarsio si ottiene combinando essenze di pregio più chiare e più scure, intagliate in opportune dimensioni e sagome affinché si incastrino perfettamente andando così a realizzare un prezioso decoro per i nostri mobili.
‘800 Rivisitato
In una bella villa dell’800 situata in uno splendido parco, è stato sistemato questo piccolo appartamento per una giovane coppia; pur rispettando le strutture e l’aspetto esterno della casa, ne è risultato un ambiente dal piglio estremamente allegro e giovane, potremmo dire un neoclassico riveduto in chiave spiritosa e moderna: il giallo ocra delle pareti e il bianco dei divani sdrammatizzano il classico caminetto, i busti sulle porte, le librerie d’epoca; le righe bianche e rosse dei cuscini, pur richiamando lo stile Impero, danno una nota di tutta allegria; raccolto e intimo l’ambiente pranzo; negli angoli due sagome di candelabri dipinti rallegrano come vere composizioni di fiori.
Sopra il bel caminetto in marmo chiaro con leggere colonne e capitelli ai lati è collocata una bella specchiera settecentesca in legno intagliato e dorato con a lato due “trofei” in legno dipinto.
Colombostile New Editions second part
The international exhibition of decorative arts held in paris in 1925 was the occasion of greatest visibility for a style in the decorative arts that was labelled, in french, moderne. Those were the années folles, which were witnessing a renewal in art and the birth of industrial design, in its proper sense of designing objects that could be replicated on an industrial scale. The emerging style was indeed modern; it had deep roots in number of different sources – in art nouveau, to begin with, and its many national versions; in orientalism, with its more mature and curious outlook on the colonies; and in the british movement arts and craft, which, though deriving from neo-gothic and the acknowledgement of the superiority of handicrafts over mass production, actually paved the way for issues that would become the theoretic framework of the deutsche werkbund and the bauhaus. The moderne style was renamed art déco only around 1940, an abbreviation of the paris exhibition of arts décoratifs. Its most innovating feature was its ability to knit together compositional and linguistic issues on the international level, by accepting the instruments provided by industrial production and reshaping them to qualify works of art. In architecture its main intent was to renounce all ties with past styles by turning to new materials (reinforced concrete became the new architecture’s trademark material) and building techniques, developing new relations between volumes and new ideas in putting together surfaces and their ornamentation. The modernist drive permeated every artistic or planning project, putting to use the latest technology, trying out new materials and inventing new applications for existing ones, examining functional aspects and organizing them in formal paradigms that did not reject ornamentation but rather gave it geometric forms and made it a messenger of its innovating force. In this spirit of modern internationalism, that encompasses and binds together cultural, artistic and social expressions, colombo stile has always dedicated special attention to art déco. In these days of unending change and complicated cultural contamination, its language is still relevant – that is why we have dedicated this collection to art déco and to the periods immediately preceding or following. In the riedizioni line, colombo stile’s tradition brings together geometric motifs with inlays of exotic nature, taking inspiration, with due sobriety, from a time of changes
Le Riedizioni di Colombostile parte seconda
Si chiamava “moderne” lo stile delle arti decorative che ebbe il suo momento di grande visibilità all’esposizione internazionale delle arti decorative di Parigi, nel 1925. Era il periodo degli années folles, della rinascita dell’arte, della nascita del design industriale, in senso proprio, come disegno di oggetti replicabili su scala industriale, e lo stile che si impose era moderno davvero: aveva radici profonde in una serie di fenomeni diversi, dall’art nouveau e tutte le sue declinazioni nazionali, in primo luogo, all’orientalismo e da un rapporto più curioso e maturo con le colonie, al movimento inglese dell’arts and craft, che pur partendo dal neogotico e dalla valorizzazione dell’artigianato manuale contrapposto alla produzione di serie, apre in realtà la
strada ai temi che costituiranno la base teorica del deutsche werkbund e del bauhaus.
E’ solo verso il ‘40 che lo stile “moderne” è ribattezzato déco, con un’abbreviazione dell’esposizione di Parigi, des arts décoratifs, appunto. Il suo contenuto più innovativo consiste nell’aver saputo unificare la problematica compositiva e linguistica a livello internazionale, accettando gli strumenti della produzione industriale e piegandoli ai fini della qualificazione del prodotto artistico. in architettura esprime soprattutto la volontà di negare i legami di continuità con gli stili del passato, attraverso l’applicazione di materiali (il cemento armato diventa il marchio di fabbrica della nuova architettura), di procedimenti costruttivi, di rapporti volumetrici originali e in una nuova precisazione del rapporto tra superficie e ornamento. La vocazione
modernista permea di sé ogni manifestazione artistica e progettuale, si appropria delle ultime tecnologie, sperimenta materiali nuovi e reinventa utilizzi per quelli vecchi, approfondisce gli aspetti funzionali e li definisce in un linguaggio formale che non nega il decoro, ma anzi, geometrizzandolo, lo rende messaggero della sua carica innovativa.
Proprio per questo spirito di moderno internazionalismo, capace di abbracciare e fondere insieme manifestazioni culturali, artistiche e sociali, da sempre colombo stile ha una attenzione speciale per il déco. in un’epoca di forti trasformazioni e di complessi immeticciamenti culturali come è quella contemporanea, l’ attualità del suo linguaggio è ancor più evidente: ecco perché dedichiamo al déco, e a momenti immediatamente precedenti o successivi che con lo stile sono in rapporto di contiguità, questa collezione. la tradizione colombo stile coniuga, con la linea riedizioni, la decorazione geometrica alla natura esotica in intarsio ispirandosi, con equilibrio, ad un tempo specchio di mutamento
Colombostile New Editions
The name Colombostile signifies a predilection for stylistic exploration combined with creative impudence. It comprises a collection of diverse aesthetic spirits that include s.i.p.arr: the essence of an elegant, refined classicism which is particularly treasured – in a number of countries around the world – for the softness of its expanses and the richness of its details.
Also forming part of Colombostile is c.s. Divani, a division which is exclusively devoted to the hand-crafted production of padded furniture, sofas and easy chairs, all created with the contributions of famous designers such as maurizio chiari, mariella mattei, roberto nicolai, carlo rampazzi, hierro desvilles and many others.
Thus, Colombostile can satisfy any furnishing requirement, since a living environment is not made up of individual pieces, but instead consists of a balanced orchestration of cabinets, padded furniture pieces, accessories, panels and other items that work together to create the landscape experienced by the occupant.
Colombostile has unmatched experience both in executing projects according to the client’s plan and in designing proposals to order.
Such projects include doors, equipped walls, kitchens and other elements, which are all integrated to originate decorative schemes whose designs, structures and finishing enjoy the creative boldness and executive
Mastery that are the hallmarks of colombostile.
What’s more, the company seeks to achieve total quality, especially in its relationship with clients. A privileged, world-wide partner for architects and professionals in its sector, colombostile is poised to meet the particular requirements of royal families, embassies, governments, industrial magnates, major hotel chains, shipowners, and whoever, in short, is surrounded by extreme luxury. Lying at the heart of the company’s philosophy is a predilection for stylistic exploration into new roads that lead to “beautiful” as the final goal.
Another central concept is the company’s willingness to satisfy the taste and the specific needs of the buyer; in fact, much of the company’s production is carried out according to the client’s plan or is designed to order, so that the finished product fits perfectly into the decorative environment as required. From initial contact to timely delivery, a collaborative relationship is created that gives rise to newly proposed colours, materials and dimensions, all of which specially designed on a case-by-case basis to fulfil the specific wishes of the individual client.
Le Riedizioni di Colombo Stile
Il marchio Colombostile rappresenta il gusto della ricerca unito alla sfrontatezza della creatività, e racchiude in sè più anime, la s.i.p.arr, essenza di un classicismo elegante e rafffinato, particolarmente apprezzato in alcuni paesi del mondo per la morbidezza dei volumi e la ricchezza dei particolari e c.s. Divani, la divisione dedicata esclusivamente alla lavorazione artigianale di imbottiti, divani e poltrone, con la collaborazione di noti designers quali Maurizio Chiari, Mariella Mattei, Roberto Nicolai, Carlo Rampazzi, Hierro Desvilles ed altri ancora.
Colombostile risponde così ad ogni esigenza dell’arredare. L’ambiente infatti non è costituito da singoli pezzi, ma da un’orchestrazione armonica di mobili, imbottiti, accessori, pannellature ed altro, che costituiscono il paesaggio di chi abita.
Colombostile è una società di grande esperienza per tutti i lavori su disegno e su misura, quali porte, boiserie, ed altro. Da tutte queste anime prendono corpo arredamenti completi, i cui disegni, strutture e rifiniture godono sempre dell’audacia creativa e della padronanza esecutiva di Colombostile.
L’azienda mira alla qualità in tutto, anche nel rapporto con i clienti.
Interlocutrice privilegiata di architetti e professionisti del settore in tutto il mondo, colombostile è pronta a soddisfare le esigenze particolari di famiglie reali, ambasciate, governi, industriali, grandi catene alberghiere, armatori, di chi, in breve, è circondato dal lusso estremo.
Il gusto della ricerca è alla base della filosofia dell’azienda per conseguire nuove vie che conducano al “bello” come la sua disponibilità ad incontrare il gusto e le esigenze specifiche del committente.
Infatti buona parte della produzione è eseguita “su disegno e su misura” perchè il prodotto finito si inserisca alla perfezione nell’ambiente che lo richiede.
Dal primo contatto alla puntuale consegna, si instaura un rapporto di collaborazione creando nuove proposte di colori, materiali e dimensioni studiate ad hoc per soddisfare i desideri di quel particolare cliente.
L’Arredamento è figlio primogenito dell’Architettura di Fernando Saracino
Lo stile del mobile ha sempre avuto un padre inequivocabile nel corrispondente stile architettonico che lo ha generato.
Gli stili architettonici hanno sempre influenzato quello degli arredi e delle decorazioni in genere. Tuttavia l’arredamento come arte ha una ben precisa origine: il Rinascimento.
Fu proprio col Rinascimento che sorsero i primi mobili d’autore.
Il Palladio, l’Alberti, il Vignola, celebri architetti Padri del Rinascimento, non si limitarono a progettare ed eseguire celebri edifici monumentali e non meno celebri sculture, ma dedicarono molte delle loro attenzioni (e dei loro scritti) ai mobili ed agli arredi in genere, il cui successo non si limitò entro i confini nazionali, ma giunse presto all’estero, in cui si manifestò la loro influenza dando poi luogo alla nascita di stili compositi derivati dalla fusione del rinascimento col gotico. La mobilia del Cinquecento è caratterizzata da una ricerca di grandiosità e magnificenza sotto l’influsso dello studio dell’antichità romana e l’uso dei motivi antichi rispondeva ad un gusto archeologico ma era anche ricerca di modi tendenti ad esprimere le idee contemporanee.
I mobili si adattavano agli interni rinascimentali le cui stanze erano dominate dal focolare, come le
sale del medioevo, e la loro disposizione era determinata dalle fonti di luce e di calore. C’erano perciò i mobili fissi e quelli spostabili.
Fra i mobili fissi ricordiamo i grandi armadi a muro per riporvi biancheria e abiti, le credenze imponenti con dorsali e facciate sontuose, scandite da lesene che racchiudono coppie di ante. Hanno la base robusta che poggia su zampe di leone con il cornicione in alto a pari sporgenza.
Altri esemplari sono il tavolo rettangolare, possente e massiccio, a sostegno centrale in cui si inseriscono cassetti e sportelli e da cui, pare, abbia origine la credenza.
Anche qui sono presenti le zampe leoni ne e la cornice decorata da intagli; le gambe di sostegno sono varie, possono assumere la forma di un vaso, oppure sono lavorate con decorazioni a foglie d’acanto che creano un effetto non privo di solennità, la traversa di raccordo è inserita in modo deciso tra i sostegni laterali.
Altro esemplare importante è l’armadio su cui gioca in modo vigoroso l’intaglio della cornice, della pedana sporgente fissata a terra o su zampe di leone, delle ante a pomoli o a bambocci.
Ma il mobile principe è il cassone, ed in forma piu ridotta, ma di aspetto non meno monumentale, il cofanetto.
Sul cassone si è sbizzarrita la più estrosa fantasia dell’intagliatore che prelude già all’arte del Seicento.
Con l’inizio del Cinquecento i cassoni vengono dotati di spalliera e di braccioli in modo da avere la cassapanca, che stava addossata alla parete. Si tratta dei primi esempi dei moderni divani. Questo nuovo stile ebbe diverse variabili a seconda dei paesi in cui si diffuse (Francia, Germania, Olanda, Inghilterra). Soprattutto in Inghilterra, questa forma ibrida gotico-rinascimentale ebbe una spiccata personalità e diede origine allo stile cosiddetto elisabettiano, caratterizzato dall’uso del legno di quercia e dall’adozione delle tecniche della scultura e dell’intarsio, pur con un carattere semplice ed austero.
Nei periodi successivi a quello elisabettiano e fino agli inizi del diciottesimo secolo, spariscono le ultime tracce dello stile gotico ed il rinascimento italiano prende il sopravvento.
La scultura e l’intarsio tuttavia resistono sebbene in forme più semplici, mentre gli intarsi di madreperla e avorio ed il primo timido uso delle lacche (importate dalla Cina) preannunziano una nuova moda che trionferà verso la fine del secolo e per buona parte di quello successivo (il diciottesimo) e che ebbe in Thomas Chippendale il suo più illustre rappresentante e che legò il proprio nome ad uno stile ancor oggi inconfondibile.
Nel successivo secolo dominò lo stile impero, denominazione derivata dall’impero napoleonico.
I mobili di questo stile apparvero in Francia dopo il 1805 e, dalla Francia si diffusero in tutta l’Europa.
Anche in questo caso lo stile influenzò innanzitutto l’architettura e, successivamente i mobili e gli arredi, così come avvenne per il successivo «Liberty» ed il più recente «Novecento».
Il mobile di stile Impero fu di aspetto austero, dalIa massa scura e piena, tutto ammantato di severa misura e compostezza tale da eludere qualsiasi fantasia inventiva.
Il «Liberty» nacque verso la fine del diciannovesimo secolo sia per reazione all’ecletismo accademico, sia come difesa istintiva alla industrializzazione che sembrava minacciare, con la possibilità di produzioni in serie degli oggetti, (e quindi anche dei mobili) ogni loro peculiarità.
Ebbe una lenta evoluzione attraverso l’intero diciannovesimo secolo e tramontò definitivamente alla vigilia della prima guerra mondiale, ponendo fine a quella che fu definita «la bella epoque».
Il «Liberty» fu un fatto di costume che investì non solo l’architettura ed i mobili ma anche soprammobili, tessuti, tappeti.
Fu definito «stile floreale» per la generale tendenza a decorare con motivi floreali, o, comunque, riccioluti.
Gli inizi del ventesimo secolo vedono un susseguirsi di nuovi orientamenti destinati alla ricerca di una nuova identità espressiva ed al superamento del gusto borghese.
Si affermava in architettura – e quindi nell’arredamento il concetto che anche il minimo particolare doveva servire ed uno scopo preciso, che il disegno doveva adattarsi al materiale impiegato e non viceversa.
Perciò l’attenzione dedicata al più piccolo dettaglio creò degli esemplari di assoluta perfezione che si espressero nel concetto estetico di forma pura.
L’arredamento in stile 900 rispose in tal modo a criteri di semplicità e funzionalità ai quali si aggiungeva un profondo amore per le cose naturali. Lo stile 900 realizza veramente l’equilibrio fra eleganza e praticità, fra linea e funzione. L’architettura e l‘arredo contemporanei sono gli eredi di quel concetto ancor oggi valido come agli inizi del nostro secolo.
Il Mobile nel XIX secolo di Fernando Saracino
A differenza dei secoli precedenti, in cui il gusto nell’arte dell’arredamento seppe seguire uno sviluppò progressivo e deciso, nell’800 tale processo di trasformazione mancò nel senso che tutti gli stili prodotti precedentemente coesistettero durante tutta la durata del XIX secolo per poi frantumarsi agli inizi del XX con l’esplosione dell’ Art Nouveau.
Si usava arredare le varie stanze in stili diversi ciascuno appropriato alla funzione della stanza ed in ciò è determinante la presenza sempre più influente della donna. Gli stili che furono maggiormente imitati e divennero popolari nel secolo scorso furono il XVII e XVIII secolo, il Luigi XIV, il neorococò ed il Luigi XVI. Il neorococò fu lo stile che più di ogni altro fu in grado di soddisfare le
esigenze borghesi di una società che si adagiava in posizione di sicuro benessere.
Ecco quindi l’esigenza di costruire mobili comodi, solidi e di gradevole aspetto. Il basso costo ed i mezzi di lavorazione meccanica contribuirono eccezionalmente allo sviluppo delle arti domestiche e permisero di produrre con facilità e a basso costo una grande quantità di esemplari. I processi tecnologici furono i veri responsabili dell’aspetto nuovo dei mobili e della loro funzione: basti pensare all’invenzione della molla a spirale e al taglio del legno, all’introduzione di parti metalliche, per rendersi conto dell’importanza assunta dal mobile come forma di vita. Il mobile dell’800 conserva le forme ricurve, le volute, gli ornamenti degli esemplari precedenti. Verso il 1850 si verificano nuovi sviluppi nella struttura della sedia: il primo risultato fu la creazione della sedia con «schienale a pallone», nella quale montanti e colonnina superiore della spalliera si fondevano in una curva continua. È la tipica sedia comoda della seconda metà dell’800. Alcune sedie erano particolarmente adatte alla sala da pranzo perché avevano un’intelaiatura prù solida e le gambe anteriori rivoltate a piede di capriolo. Altro particolare importante fu l’applicazione delle frange e delle imbottiture, sistema che rivoluzionò la comodità delle sedie e dei divani dando origine al mobile capitonné. I mobili di stile 800 divennero popolari fino alla fine del secolo perché di grande praticità, in quanto erano creati per venire usati in ogni stanza della casa soprattutto nel salotto dove prevaleva il gusto femminile. Ancora oggi il gusto del salotto stile 800 non è scomparso e si possono ammirare modelli la cui messa a punto tecnica e stilistica nulla ha da invidiare a quella del passato.
Il mobile ed il suo ambiente di Fernando Saracino
Da quanti secoli l’arte del mobile dona al mondo il prezioso dono del suo elaborato?
La sua origine risale ad antichissimi tempi attraverso i quali si affermarono e prevalsero i più caratteristici stili che acquistarono via via un meraviglioso splendore insieme a chiari e tipici aspetti nazionali.
Quanto piu avanziamo nel tempo tanto piu vediamo svilupparsi un’arte mobiliera in rapporto alle crescenti esigenze della vita pubblica e privata anche per merito del perfezionamento dei mezzi di produzione, come possiamo rilevare al massimo grado nella nostra era.
Nella lunga strada percorsa per arrivare fino a noi troviamo sempre l’impronta di quei grandi maestri di civiltà che furono i Romani i quali, ereditata dai Greci e dagli Egiziani, pilastro delle antiche generazioni, l’istituzione dell’arredamento, non solo la perfezionarono e potenziarono, ma l’estesero ancora a tutto il vasto dominio dell’impero, da cui scaturì una nuova forma d’arte, la bizantina, che diede a sua volta vita al Gotico e quindi al Rinascimento, al Barocco, al Rococò, al Neoclassico, per arrivare al Moderno.
Come si vede la strada dell’arte non s’arresta mai.
Dal III al XV secolo i mobili cessarono d’essere un bene di vasto uso, tuttavia la maestria artigianale rendeva vivi e presenti nel mobilio i motivi e gli stili che caratterizzavano l’architettura, tipico l’impiego dell’arco acuto o a tutto sesto ripreso dalla linea strutturale dell’edificio. Dopo che Roma ebbe subìto nel V secolo d.c. tre saccheggi ad opera dei cosiddetti popoli barbari, le manifestazioni dello stile romano si concentrarono in gran parte nell’Impero d’Oriente, l’altra propagine dell’impero romano voluto da Diocleziano nel 284 a.c., con capitale Bisanzio, donde il nome dello stile che ne derivò.
Le notizie del mobilio dei successivi novecento anni sono scarse e vengono desunte dalle miniature, dalla letteratura e dai pochi pezzi che ci sono pervenuti. Sappiamo cosi che nel VI secolo d.C. c’erano sgabelli torniti con traverse a «X», un letto o panca con gambe lavorate al tornio, un tavolo anch’esso con traverse ad «X», un trono somigliante a una sedia di vimini con schienale ricurvo che si prolungava al di sopra della testa della persona che restava seduta.
La presenza di questo particolare sedile persiste ancora nell’Europa del XII secolo.
Del VII secolo abbiamo un ottimo esempio di artigianato franco, la sedia di Dagoberto, che riproduce in bronzo dorato la sedia curule romana, usata dai magistrati, derivata a sua volta dagli Etruschi.
Il mobilio bizantino era in generale più elaborato di quello che si produceva in occidente, soprattutto per l’uso dell’intarsio.
L’utilizzazione di materiali preziosi è stata praticata fin dai tempi antichissimi; ci restano testimonianze del fatto che tale impiego obbediva a criteri estetici per cui l’avorio era usato per ornamento e Salomone aveva un trono d’avorio ornato di fregi d’oro; la statua di Giove Olimpico, nel mondo pagano, opera dello scultore Fidia, era d’avorio e d’oro.
Oro e avorio insieme sortivano un effetto estetico di così eccezionale importanza da giustificarne l’abbondante profusione sia nella decorazione dei mobili che degli interni, come ci testimoniano le pitture murali ed i mosaici che sono una riproduzione ambientale della vita di quei lontani tempi.
Sempre a proposito di materiali preziosi ricordiamo che anche un altro grande re franco, Carlomagno, l’instauratore del Sacro Romano Impero d’Occidente, aveva istituito una piccola rinascita della classicità e, a somiglianza dei Cesari di cui continuava la tradizione, faceva uso di mobili laminati con metalli pregiati.
Se l’ambientazione e il gusto dei tempi passati avevano favorito l’uso di mobili in materiali diversi quali il marmo, il bronzo, il ferro, si può dire che col XIII secolo, all’avvento del Gotico, il legno è il materiale per eccellenza che si prestava alle creazioni più fantasiose dell’intaglio, il dominatore dello stile delle grandi cattedrali, che proclamava in tutta l’Europa la sovranità e il trionfo della Chiesa.
Intagliatori e falegnami davano vita a quelle opere prodigiose che erano i banchi in legno, i cori, le casse d’organo ornate di una varietà infinita di scene di vita frammiste a particolari d’animali, di piante rare, di fiori, e quant’altro la fantasia crea d’immaginoso e di reale.
L’arte rispecchiava la società del tempo.
I nobili subivano anch’essi l’influsso di quello stile elaborato e rigido nello stesso tempo e bisogna attendere il Rinascimento perché essi si scrollino di dosso le loro origini medioevali per riprendere il filone del repertorio classico.
Un particolare di eccezionale interesse riveste la straordinaria differenza che intercorre tra il contesto architettonico grandioso e imponente e la povertà dell’arredamento rinascimentale del Quattrocento, in cui si avverte chiaramente il contrasto tra le nuove soluzioni spaziali ed il loro contenuto piuttosto scarso che non favorisce di certo il senso d’intimità degli interni. Tale conferma la ritroviamo nelle grandi opere dei pittori italiani del Quattrocento fra le quali citiamo “La nascita della Vergine” di Domenico Ghirlandaio; “11 sogno di Sant’Orsola”, di Vittore Carpaccio; il “Sant’ Agostino nello studio”, anch’esso del Carpaccio.
In questi quadri si avverte chiaramente la vastità della stanza cui non corrispondono un’adeguata mobilia né gli altri elementi di arredamento, sì da restare colpiti da una profonda impressione d’isolamento.
Le camere raffigurate risultano arredate con pochi mobili: nell’una si vede un letto con baldacchino sostenuto da esili colonnine tornite che poggiano su un’ampia pedana decorata, più in là c’è l’onnipresente sgabello a tre gambe, uno stipo aperto con ripiano divisorio centrale, un tavolo ricoperto da un panno aranciato con frange; nell’altra è un tavolo stilizzato pieno di oggetti da studio, un leggia con i libri ben allineati, una sedia gotica con schienale a cuspide e braccioli con borchie.
Quando si parla di mobili nei vari stili si deve sempre intendere un certo ambiente di alto livello sociale, il cui committente fosse esso cardinale o principe, ordinava agli artisti famosi l’addobbo della sua dimora opulenta e grandiosa.
Fino a quando non ci fu la rivoluzione della struttura in senso moderno della casa, la disposizione dei mobili nelle stanze e la successione di queste erano comuni in tutta l’Europa.
È durante il periodo barocco che cominciò gradualmente a svilupparsi la distribuzione tra le stanze di rappresentanza, usate solo per le grandi occasioni e per apparizioni pubbliche, e gli appartamenti privati destinati alla vita di tutti i giorni.
Tale processo diventerà il canone fondamentale dell’ambientazione moderna nel Settecento, per arrivare ai nostri giorni in cui la casa rappresenta il vero perno della vita intima della famiglia.
A misura del tempo di Luigi XVI
Al museo del Louvre di Parigi, in una delle sale della Colonnade che conserva arredi d’importanza storica ed artistica, fra arazzi e ceramiche, pezzi Boulle e Cressant, smalti e tappezzerie, è esposto anche un orologio stile Luigi XVI, quello che Capelletti di Meda ha usato come modello per la creazione dell’esemplare dell’immagine.
L’originale conservato al Louvre, risalente al XVIII secolo, è opera dell’ebanista Martin Carlin, del quale sono esposte due angoliere e due commode sempre al museo parigino, un pregevole tavolino al Victoria and Albert Museum di Londra e altri esemplari presso collezioni private. Assolutamente da non sotto-classificare allora, anche se non così innovatore come Oeben, cognato di Carlin e ispiratore di molti suoi lavori; nè celebre come Riesener, ritenuto il più grande ebanista dell’epoca. Non diventò mai, come invece Oeben, fornitore regio, ma preferì affidarsi alle ordinazioni sicure e redditizie dei “marchandsmerciers” più in vista, che a loro volta in molti casi facevano comunque pervenire indirettamente alla corte le opere di Carlin.
La sua abilità di ebanista e le sue relazioni, oltre che con Oeben anche con Roger Lacroix con cui era in rapporto di stretta amicizia, gli permisero di raggiungere in età ancor giovane la “maitrise”, titolo onorifico di grande prestigio nel campo delle arti decorative. Carlin si attenne strettamente alle tendenze dello stile Luigi XVI: stile che, pur facendosi promotore del ritorno al semplice e al “naturale”, in una posizione di rigetto nei confronti dell’esuberanza formale del rococò, si lasciava tuttavia andare ad una decoratività molto gaudente e fantasiosa. L’innovazione di maggior rilievo da riscontrare nello stile di Luigi XVI fu comunque la rivisitazione degli elementi architettonici e dei motivi decorativi dell’arte classica: e non solo si trattò di rivisita¬zione, ma di maggior com¬prensione di quei canoni di grazia e decoro che prima delle scoperte archeologiche del tempo, a Pompei prima e a Ercolano più tardi, erano stati travisati da un’ottica de¬formante che li aveva erroneamente interpretati in veste ampollosa e maestosa. Questi elementi classici vennero così utilizzati a profusione dagli ebanisti, incantati dal fascino che sprigionavano i recenti ritrovamenti nelle ceneri del Vesuvio. E l’influenza non venne limitata all’apparato decorativo, ma anche all’andamento delle linee strutturali: il ritorno all’antico significava un ritorno alla purezza della linea diritta, eliminando gradualmente le sinuosità del rococò. Anche nell’orologio di Carlin ricreato da Capelletti la struttura, sostenuta da una base a quattro piedini diritti, si slancia in altezza simulando la verticalità architettonica di un pilastro, mai deviando dalla linea retta se non nella conformazione del quadrante. Il pezzo, in legno massello con impiallacciatura in legno di rosa ed altre essenze pregiate, è impreziosito da bronzi dorati in oro zecchino in una disposizione degna di un lavoro di oreficeria.
I motivi decorativi sono tratti dal mondo vegetale, dall’architettura, ma soprattutto dalla tradizione classica greco-romana: Cl sono rosoni e trofei, viticci e foglie di alloro, ghirlande di fiori e foglie d’acanto. E poi il brucia-profumi, uno degli oggetti rinvenuti negli scavi e subito riutilizzato in senso ornamentale, i triglifi, che definiscono gli spigoli del pezzo, e i putti, inseriti nella cornice del quadrante in uno svolazzare di drappeggi bronzei che Carlin prediligeva in modo particolare. Per dare l’idea della sua importanza arredativa oltre che storica, riportiamo le dimensioni del pezzo: cm. 50 x 32 x 228
A
Medea – La Metamorfosi del mobile classico
Premessa: Non sono uno studioso di linguaggi, ma le strutture comunicative, sia verbali sia figurative, mi hanno sempre attirato per le possibilità di sperimentazione che offrono. Se consideriamo i linguaggi dell’arredo troviamo una ricchezza formale ed una varietà doppiamente interessanti.
Più dell’architettura, infatti, l’arredo e le sue lingue combinate evocano con precisione epoche, stili di vita, costumi, abilità artigianali e racconti. Riferendosi ad atti primari, quotidiani e stabili dell’abitare affermano con rigore e costanza la qualità astratta degli stili, la loro relatività e stabilità formale, la fondamentale indifferenza funzionale (una sedia è una sedia). Come non sorprendersi, infatti, di quanto il settore dell’abitare più di qualsiasi altro, ammetta una costante diacronia linguistica all’interno del panorama degli oggetti d’uso che lo popolano. Mentre nessuno si sognerebbe di usare vecchi telefoni o antiche macchine per scrivere, radio a galena o automobili d’epoca, tutti ammettono nell’arredamento la presenza di efficienti antichità accostate a modernità e modernariato.
Il “moderno” inteso come forma contemporanea capace di rappresentare concretamente stili di vita aggiornati e in sincronia con l’evoluzione tecnica e produttiva, è parte minore del paesaggio domestico reale delle case. Lo stile nell’arreda¬mento o meglio, l’arredamento in stile, sembra quindi avere una sua insopprimibile vitalità e capacità di rappresentare/presentare valori culturali e sociali, valori forti e soprattutto stabili. Declinato in modi colti e popolari, eleganti e kitsch, sciatti e sontuosi, patetici e arroganti, ma sempre nella loro falsità autentici, si stratifica con regolarità nello spazio e nella memoria delle famiglie. Curiosa e paradossale posizione questa,
che vede sullo stesso fronte del gusto la piccola borghesia e i ceti abbienti, che entrambi sembrano avere in sospetto la modernità e il suo bagaglio di stilemi geometrici e freddi,
come derivazione gracile ed instabile dell’effimero della moda o come imperativo astratto slegato dal buon senso dell’uso e della tradizione.
Antefatto: Per ragioni oscure, ma non per questo meno pressanti, fin dai primi anni dei miei studi ho ritenuto gli stilemi classici notevoli per inutilità funzionale e capacità semantica. Gli esercizi liceali di disegno con volute e foglie, modanature
e decori mi obbligavano a comprendere e riprodurre forme complicate e lontane. Lo studio successivo degli stili architettonici e della loro siderale astrattezza mi convinsero poi che era più proficuo non contrapporvi in senso evolutivo e darwiniano la purezza del Funzionale e del Razionale, ma tentare invece blasfeme contaminazioni, ibridazioni sorprendenti, accostamenti imprevisti. Da questa filosofia dell’incastro linguistico nacquero disegni, visioni e qualche oggetto privo di senso tecnico e funzionale, ma capaci di aprire un ventaglio di possibilità ironiche e paradossali sulla natura del linguaggio. Incontro: Una delle conseguenze di queste pratiche rischiose è la formazione di una linea/piano di separazione e di contatto fra due diversità. Che questa linea/piano separi, forme, mate¬riali, funzioni o oggetti opposti, essa diviene comunque per sua natura un punto di frizione, una discontinuità semantica interessante. L’occasione di una mostra a Verona e l’accoppiamento involontario con l’azienda Medea resero possibile una verifica reale di queste mie calcolate discontinuità stilistiche. La scelta cadde su una sedia che nel mondo del mobile è l’archetipo strutturale per eccellenza. AI di là del paradosso formale Augusto Tagliabue intravide in quell’azzardo una sfida interessante sul piano esecutivo, e forse qualcosa di più: un’esercitazione, un aforisma sul tema della modernità che salvava “facendola a pezzi” la tradizione artigianale di famiglia.
AI primo pezzo, che tagliava a metà una sedia liberty inglese innestando sulla ferita una moderna poltroncina a guscio curvato, se ne aggiunse un secondo, per finire con un terzo virtuosistico esercizio sulla chaise-Iongue liberty di Zeno
Sempre le operazioni chirurgiche sono partite da pezzi del catalogo Medea. Col tempo ho capito che la sensibilità di Augusto Tagliabue derivava da una sua personale attenzione alla storia del mobile come serie di sfide e invenzioni, di forme e di soluzioni. La sua personale e disordinata collezione di pezzi è assolutamente svincolata da classificazioni tipologiche o stilistiche. Credo anzi che la storia dell’arredo per Tagliabue sia una elenco aperto di opere singole ognuna delle quali presenta una storia, un problema e una soluzione trovata non senza eleganza. A questa impegnativa parola Augusto preferisce quasi sempre il termine “sapore”; segno ulteriore che per lui il mobile e le sue forme attengono più alla sfera dei sensi che non a quella dell’intelletto.
Conclusione: L’idea che pian piano si va facendo strada è quella che una collezione per un mercato più maturo e meno settario, possa essere appunto una collezione di diversi “sapori” presi liberamente nel grande alfabeto della storia del ‘900 e scelti per una specifica originale qualità. Pezzi ricostruiti a partire da un originale o da un’immagine, pezzi reinterpretati evitando la fredda filologia, pezzi d’autore di una storia recente dove architettura e arredo trovano una sintesi armonica e pezzi contemporanei nei quali proporre una visione non minimale delle possibilità espressive di una materia il legno e di un mestiere, quello di mobiliere o, come dicevano i nonni di Augusto, di ebanista.
Saracino Arreda presenta la Sedia Chiavarina
Ho sempre avuto una grande passione per le sedie di Chiavari. Tale fascino o “naturale attrazione” in realtà ha ben poco di naturale e non è certo casuale. Si costruisce su alme¬no tre questioni che sono in fondo mie, personali e riguardano il mio lavoro e gran parte dell’atteggiamento che nutro verso il progetto.
La prima questione è relativa al rapporto che le sedie chiavari¬ne intrattengono con il luogo, il fatto che esse siano un pro¬dotto locale, cioè legato in modo indissolubile ad un luogo, indipendentemente dalla loro diffusione e dal fatto che oggi si producano anche altrove. Il luogo, anzi, ha come una sorta di sopravvento sulle loro forme. Infatti, non esiste una forma specifica e data di sedia che sia riconoscibile come la “chiava¬rina”: la definizione va oltre allo stile che essa può via via assumere. La chiavarina è una sedia astilistica che può reg¬gere con indifferenza ogni stile, rimanendo sempre se stessa. La seconda questione è quella che definisce la sedia di Chiavari all’interno di una solida e consolidata tradizione bor¬ghese, fatta di certezze culturali, economiche ed etiche. Una sedia chiaramente istituzionale che rappresenta certi valori e una forte continuità storica, ma che al contempo, per la sua leggerezza, per quel suo porsi in strano equilibrio tra “grazia” e “graziosità”, per il suo essere indifferente agli stili, per l’es¬sere in qualche modo giocosa e caricatura leggerissima della sedia borghese, diviene critica ed indice di un possibile supe¬ramento degli stessi valori che è chiamata a rappresentare. Una terza questione riguarda la tecnologia: la sedia di
Chiavari più che una sedia è l’espressione di una tecnologia,
di un calcolo complesso svolto nei minimi termini costruttivi (spessori), elasticità e rimandi statici e portanti da una sottile bacchetta all’altra attraverso legami a traliccio. Essa è prima
di tutto ricerca e rarefazione, riduzione del materiale all’osso, scheletro organizzato e composto di altre sedie.
Per queste tre questioni si è sviluppato il mio innamoramento e da esso la volontà di ridisegnare quattro chiavari ne: una reinvenzione formale per comprendere fino in fondo la tecni¬ca. Una ricerca che, tutta svolta entro un mondo definito, mantiene i caratteri e produce sedie nuove e vecchissime al contempo. Quattro modelli segnati dall’appartenenza ad un mondo unico, ritagliato, specifico e riconoscibile. Ognuno di essi è l’incrocio di questo mondo con altre suggestioni e memorie. Memorie di altre sedute che vengono tradotte “nel¬l’arte di Chiavari” e che sono sovrapposizione, mistura e accu¬mulo di forme differenti tutte partecipi di un racconto straordi¬nario già letto e narrato.
UN PROGETTO DELLA COLOMBO STILE CON IL MUSEO DI STATO
Un’azienda italiana da un lato un’istituzione dall’altro.Colombo Stile,un’azienda anomala,stilisticamente eclettica,professionalmente presente nei luoghi più prestigiosi – dalla ristrutturazione del Kremlino alla costruzione delle ville private,delle ambasciate e dei più graqndi alberghi del mondo – che ha nella qualità estrema delle sue tecniche di produzione il suo plus vincente.
Per doverosa cronologia,un breve racconto per illustrare premesse,ragioni e precedenti della nascita di questo progetto.Nel 2001 l’Azienda Colombo Stile promosse un grande evento a Mosca,frutto di un complesso progetto che coinvolse,oltre all’azienda,il Museo delle Arti Applicate e dell’Artigianato,l’Associazione Moscovita Club Lady Leader che promuove iniziative culturali per la diffusione internazionale della cultura russa che ebbe il supporto del Museo Storico di Stato.
Furono scelti,con accurata selezione,trenta importanti pezzi d’arredo del’600,’700 e ‘800 inediti,mai mostrati precedentemente al pubblico,appartenuti ai nobili di Russia e di proprietà dei due Musei.
Dieci di questi sono stati in seguito restaurati grazie all’intervento economico dell’Azienda.
Il concept della mostra,è stato quello di proporre in un libero confronto dialettico arredi del passato e del presente,accumunati dalla preziosità dei materiali e delle lavorazioni artigianali.
I 32 pezzi che compongono questa collezione,di diverse tipologie sono nati per usi speciali,per ambienti speciali,per una committenza d’eccezione.
Pezzi unici di alto artigianato artistico,di eccellente fattura,furono costruiti con la massima qualità e attenzione alla tecnica,alle finiture,ai piccoli dettagli decorativi o elementi funzionali.
Quali sono le ragioni che spingono oggi una committenza privata ed una pubblica a rimettere in gioco gli elementi?
Questa classicità senza tempop è un territorio franco,una zona al di sopra delle parti,che nessun attacco critico è in grado di smontare perchè molto ben radicata e sedimentata nell’immaginario collettivo e nella memoria delle persone colte ma,sorprendentemente,anche del pubblico comune.
Se poi il mobile storico ha caratteristiche di funzione e d’uso compatibili con le esigenze di arredo e di comportamento della contemporaneità,il gap tra passato e presente non ha più ragione di esistere e agli occhi di un potenziale pubblico di utilizzatori dei mobili rieditati il dibattito critico sulla coerenza e la validità dell’operazione si rivela infruttuoso.Sono mobili belli,che appagano lo sguarsdo,che trasmettono complessivamente un’immagine ricca,sfarzosa. Si capisce al volo che sono stati pensati per vasti saloni,per accrescere il pregio di sale suntuose e padroni di casa eccellenti.Ma possiamo anche immaginarli più banalmente in uso,come pezzi singoli,in belle case moderne,ad appagare lo sguardo di padroni di casa forse meno colti o meno nobili,ma ciascuno almeno per se importante come uno zar.
fernando Saracino presenta:I Mobili anni ’40
Adoro gli arredi degli anni ouaranta. Per molto tempo. anni fa ll ho cercati e acquislati dai rigattieri del modernariato. E una passione spontanea. una adesione totale allo stile, completamente acrltica: mi rendo conto che quegli anni hanno prodotto plc brutto che buono, ma la mia passione ha radici familiari, che nulla hanno a che vedere con Ia storia dell‘arredo e del design. E una piccola questions personals. Cambiammo casa alla fine degli anni cinquanta. Palazzo nuovo, con Ia lacciata interamente rivestita di mosaico giallo e oro. Uapparlamento, grande peri miei occhi di bambina, aveva pavlmenti di marmo paliadiana, diversi in ogni stanza: beige e rosso in soggiorno, marrone e bianco in ingresso, rosa nella camera dei miei, multicolore nelle altre stanze, verde chiaro e scuro nella mia. Dissi solo: “Non mi place il verde”, ma cosi era stato declso e allora non si teneva in gran conto l’opinione dl una bambina. Ero troppo piccola per ncordarmi il trasloco, ma chiara e ancora Ia sensazione di trovarmi il primo Nalale nella nuova casa, in un altro Iuogo cosi diverso e, almeno nel ricordo, cosi plc allegro e luminoso rispelto alla casa precedents. Nella casa non c‘erano tracce di arredi, lappeli o oggetli deIl’aItra, come se avessimo perso lutto e tossimo stall costrettl dalle circoslanze a ricostruire pezzo a pezzo ll nostro ambiente domestico. Tutto era nuovo, dalla poltrona viola (Ia Fiorenza di Franco Albini prodotta da Arflex), al divanetto Iineare, anche lui viola, Tecno. Nella camera da letlo dei miei, un letlo di Iegno con una piccola testala sullo sfondo della parele dipinta di blu. Pieclini in ferro nero sottili. La mia camera: mostrandola agli amici dissero one era in “stlIe svedese”, tutta in legno, semplice e lineare, con Ie poltroncine inv imini dalle gambette lnclinate, Era il nuovo stile moderno anni *50, ma allora non mi importava granché di quests questionl. Nella mia camera c’era un giradischi bianco-azzurro e un registratore Gelosino con i tasti tutti coloratl e questo mi sembro sufliciente per installarmi senza tanli perché nella nuova casa. Capii pil: lardi che per i miei Ia casa moderna, dove non si erano portati nulla deII’altra, significava dare un taglio netto al passato, alla loro giovinezza assal lnlelice trascorsa, per mia madre, tra Ie persecuzlonl del fasclsmo, la propaganda, Ie giovani itallane e l giovanl balilla e poi ta guerra, e il campo di concentramento per mio padre. Anni da dimcnticare, voglla di ricomlnciare, insieme, da capo. La casa nuova non solo slmbolicamenle, ma proprio iisicamente spazzava via vent’anni della loro vita. lnsieme a questi anni finiva nel dimenlicatoio Io stile che aveva caratterizzato quel tempo, dagli abiti al mobill. Gli anni quaranta, poi, erano stall davvero .Adoro gli arredi degli anni ouaranta. Per molto tempo. anni fa. ll ho cercati e acquislati dai rigattieri del modernariato. E una passione spontanea. una adesione totale allo stile, completamente acrltica: mi rendo conto che quegli anni hanno prodotto plc brutto che buono, ma la mia passione ha radici familiari, che nulla hanno a che vedere con Ia storia dell‘arredo e del design. E una piccola questions personals. Cambiammo casa alla fine degli anni cinquanta. Palazzo nuovo, con Ia lacciata interamente rivestita di mosaico giallo e oro. Uapparlamento, grande peri miei occhi di bambina, aveva pavlmenti di marmo paliadiana, diversi in ogni stanza: beige e rosso in soggiorno, marrone e bianco in ingresso, rosa nella camera dei miei, multicolore nelle altre stanze, verde chiaro e scuro nella mia. Dissi solo: “Non mi place il verde”, ma cosi era stato declso e allora non si teneva in gran conto l’opinione dl una bambina. Ero troppo piccola per ncordarmi il trasloco, ma chiara e ancora Ia sensazione di trovarmi il primo Nalale nella nuova casa, in un altro Iuogo cosi diverso e, almeno nel ricordo, cosi plc allegro e luminoso rispelto alla casa precedents. Nella casa non c‘erano tracce di arredi, lappeli o oggetli deIl’aItra, come se avessimo perso lutto e tossimo stall costrettl dalle circoslanze a ricostruire pezzo a pezzo ll nostro ambiente domestico. Tutto era nuovo, dalla poltrona viola (Ia Fiorenza di Franco Albini prodotta da Arflex), al divanetto Iineare, anche lui viola, Tecno. Nella camera da letlo dei miei, un letlo di Iegno con una piccola testala sullo sfondo della parele dipinta di blu. Pieclini in ferro nero sottili. La mia camera: mostrandola agli amici dissero one era in “stlIe svedese”, tutta in legno, semplice e lineare, con Ie poltroncine in vimini dalle gambette lnclinate, Era il nuovo stile moderno anni *50, ma allora non mi importava granché di quests questionl. Nella mia camera c’era un giradischi bianco-azzurro e un registratore Gelosino con i tasti tutti coloratl e questo mi sembro sufliciente per installarmi senza tanli perché nella nuova casa. Capii pil: lardi che per i miei Ia casa moderna, dove non si erano portati nulla deII’altra, significava dare un taglio netto al passato, alla loro giovinezza assal lnlelice tra scorsa, per mia madre, tra Ie persecuzlonl del fasclsmo, la propaganda, Ie giovani itallane e l giovanl balilla e poi ta guerra, e il campo di concentramento per mio padre. Anni da dimcnticare, voglla di ricomlnciare, insieme, da capo. La casa nuova non solo slmbolicamenle, ma proprio iisicamente spazzava via vent’anni della loro vita. lnsieme a questi anni finiva nel dimenlicatoio Io stile che aveva caratterizzato quel tempo, dagli abiti al mobill. Gli anni quaranta, poi, erano stall davvero per Ioro i pegglorl. Del passato, e della Ioro prima casa, rimasero solo vecchle foto alla rintusa ln una scatola. Oggl non c’e pit: traccia nemmeno dl quelle foto, perché e abltudine della mia famlglla elimlnare cio che non sl vuole ricordare, ma ho fatto ln tempo a vederle. a ricostrulre vaghe sensazionl della prima lnfanzia in quella casa precedente plena dl arredi anni trenta e quaranta: Ia credenza ln radlca aslmmeirlca, con una parte arrotondata e I’altra llneare, le vetrlnette sospese, Ie alzate portavasl aeree e Ieggere e poi l cllvani e Ie poltrone. stracomodl. daII’aspetlo prosperoso, generosl nelle forme e nelle cllmensioni, non ancora soggettl al vlnooll dettatl dagll spazi rldottl deII‘edlIlzla del decenni successlvi. Assoclo Flmmaglne dei moblli annl quaranta speclalmente a quella dl Ioro due, glovanl appena sposatl, ritrattl sorrldeml sul dlvano dallo schienale curvo: lei con i capelll lunghl ondulatl dalla permanente, ll vestlto pllssé stretto in vita e le soarpe con Ia zeppa; Iul magro-magro con ancora l segnl della prlglo nla e l capelli con Ia brlllantlna. Sullo sfondo, appena fuorl fuoco, una cassettlera, bella, alfa e quadrata. con Ie maniglte tubolarl. E una larnpada da terra, con il paralume troncoconlco decisamente fuorl scala. Per me, ancora oggl, l moblli annl quaranta hanno questo fasclno sentlmentale e anche un po’ struggente.
Glossario delle tecniche di lavorazione
APPLICAZIONE FOGLIA D‘ORO
Avviene sulla stesura preventiva di una lacca color sangue di bue: “la porporina”. Sulla superficie ottenuta si applicano sottilissime lamine d’oro di spessore infinitesimale, che attraverso la casualità delI’applicazione danno luogo alla caratteristica marmorizzazione e vibrazione coloristica degli accostamenti. Una sottile protezione trasparente garantisce la tenuta finale.
CRISTALLI MOLATI E PIEGATI
Molature: consiste nell’asportazione a passaggi successivi con mole ed acque che sfaccetteno la superficie del cristallo come una gemma. L‘uItimo passaggio prevede la brillantatura a superficie a
specchio.
Curvatura: si effettua in forni ad alte temperature, vicino alla fusione, nei quail il cristallo, incandescente, si plasma su stampi in metallo assumendo la forma voluta.
IMPAGLIATURA
Viene elfettuata direttemente sulla struttura del mobile, non è preventivamente tessuta.
La struttura grezza ha sul perimetro una serie di piccole forature in successione e distanze regolari eseguite manualmente e con molte cura. L’impagliatore “cuce” il filo costituito da corteccie di canne d’India con ancore la cuticola di rivestimento naturale, facendolo passare alternetivamente nei fori ed intrecciandolo consecutivamente ottenendo una ragnatela. Le giunte necessarie sono occluse nel fori. Ad opera terminata vengono bruciati tutti i peduncoli taglienti delle canna e successivemente l’intreccio viene leggermente inumidito per aumenterne la tensione. La qualità dell’ esecuzione si denota della regolarità delle geometrie dell’intreccio e dall’uniformità della tensione.
LUCIDATURA
Due sono le tecniche impiegate per la lucidatura manuale dei mobili.
A cera d’api: si esegue prevalentemente su superfici intagliate e mosse. Consiste in una prima stesura di una vernlce turapori, successivemerite levigeta con lana metellica che ne ammorbidisce la superficie. Su questa si passano successive rnani sovrapposte di cera d`api che vengono brillantate con batuffoli di ovatta.
A tampone di spirito: si esegue su superfici piane. In più fasi successive di stesura con tampone di stoffe imbevuto di vernice a base alcolica e cera alternete a brillantature, si arrive alla stesure finale che consiste nelle stesura di une soluzione lucidante con essiccazione ad aria.
TAPPEZZERIA
Le imbottiture sono eseguite seguendo la regola d‘arte classica nelle costruzione di mobili imbottiti. Sul fusto in legno terminato, cioè lucidato, vengono tese delle cinghie intrecciate ed ancorate al fusto. Su queste si ancorano delle molle di acciaio a spirale conica. Successivamente vengono appiicati più strati di meteriali diversi, tra cui il crine vegetale. Sopra questi un tessuto tecnico di protezione, infine viene applicato il tessuto finale, decorativo, che viene teso e fermeto al telaio con le classica chiodatura con borchiette, oppure con chiodi a testa piatta. poi mascherati da una passamaneria in tessuto di colore studiato per essere in tono col tessuto.
INTARSIO
Decorazione policroma piana ottenuta dall’accostamento ad incastro di legni di colori diversi, senza colorazione aggiunta. Le sfumeture si ottengono introducendo il singolo elemento in sabbia calda. ll tempo di permenenze e la quantità di sabbia inducono lo scurimento sfumato sulla superficie voluta, ed esempio un petalo di fiore o un vaso sono ombreggiati da un tono piu scuro che ne sottolinea concavità o convessità. Il taglio di ogni singolo pezzo avviene manualmente, così come l’incastro. I vari componentl del puzzle non possono mai essere sovrapposti, pena lo scollaggio. La qualità dell’esecuzione si giudica dalla perfezione degli accostamenti La fase successive alla composizione della figura e l’incollaggio sulla struttura del mobile. Infine un’accuratissima pulitura e lucidatura daranno contrasto e profondità all’intarsio.
INSERTI IN MADREPERLA
Una tecnica tutta particolare è l’inserto, nel legno di materiali diversi, come la madreperla o le placche di ottone. Per poterle fare si deve, preventivamente scavare, incidere il materiale per la profondità necessaria ad accogliere il decore da inserire. Tale scavo deve essere preciso e può essere fatto solo manualmente. Un’ applicazione dell’inserto si avvale dl speciali colle che ne assicurano la tenuta, Avviene pei un’accurata pulitura che appiana la superficie prima della lucidatura finale.
DECORATURA A PITTURA
La decorazione viene effettuata sulla superficie del mobile che ha subito un trattamente di preparazione, per impedire lo spandersi del colore nella porosità del legno. La decoraziene avviene con colorli copronti ed a fasi successive per consentirne l’asciugatura, Le sfumature sono ottenute a pennello, tutta l’operazione è manuale, senza l’ausilio di tecniche come lo stencil, la serigrafla o Ia decalcomania. Ogni decorazione é un pezzo unico, eseguito con molta cura per il particeoare. A decorazione ultimata si esegue un’ulteriore stesura di vernice trasparente per garantirne la durata nel tempo.
FUSIONE A CERA PERSA
Antichissima tecnica, consiste neil’ottenere piccole e medie decorazioni in bronzo ricorrendo all’uso di elementi in cera che vengone stampati singolarmente da un modello originale. Gli elementi di cera vengone ricoperti di creta refrattaria e, quanoe questa è asciutta, vengone messi in forno. La cera, scaldandosi, lascia un vuoto che ferma lo stampo di fusione nel quale viene successivamente colato il metallo allo stato liquido. A metallo freddo viene rotto l’involucro in creta che rivelerà il pezzo finito. A sua volta questo pezzo andrà limato, pulito, lucidato, protetto ed infine applicato al mobile.
CUOIO INCISO A CALDO
L’incisione del cuoio è praticata da millenni. Sul cuoio preventivamente conciato e finite con concia vegetale si imprimono decorazioni, ottenute da stampi a rullo in ottone, scaldati fino quasi all’incandescenza. Si ottiene un’imprimitura a bassorilievo che per l’effetto delle stampe calde acquista un tone piu scuro. La stessa operazione, effettuata con l`aggiunta di un nastro dorato, lascia un’incisione in oro nel cuoio.
L’INTAGLlO
L`intaglio avviene manualmente dopo una prima sbozzatura che grossolanamente accenna, nel rnateriale, la forma. Questo si fa, naturalmente sui pezzi singoli, che piu tardi, assemblati cestituiranno il rnoblle. Per esempio una gamba, oppure il fregio terminale di una credenza. Può succedere che, come per la scultura, ad un certe punto della laverazione, affiori un difetto del legno, che purtroppe deve essere scartato, e cosa per niente inusuale, tutte il lavere precedente va perduto. La scultura ad intaglio si esegue con oppertuni strumenti da taglio, generalmente scalpelli, di forme diverse, secondo il tipe d’effetto plastico che si vuole ettenere, E il tipo di laverazione per la quale si trovane sempre mene addetti, data l’alta perizia tecnica richiesta: e in assoluto il lavoro ebanistice che richiede il piu lungo apprendistato.
Fernando Saracino presenta: CAPORALI
In Toscana, terra di tradizioni antiche, si tramanda da millenni un’arte che è quella della lavorazione del metallo, per merito di artigiani che ancora oggi, con mani sapienti, riescono a forgiare il ferro con colorazioni originali ed appropriate secondo il gusto che distingue da sempre CAPORALI. Ne scaturiscono emozioni uniche, che unite al design attuale, rappresentano sempre originali novità per il tempo in cui viviamo, appprezzati da molti. CAPORALI presenta un’ampia collezione di letti ispirati alla tradizione e frutto di molti anni di esperienza nella creazione di letti e complementi d’arredo, dal gusto raffinato ed inconfondibile. La sapiente manualità delle lavorazioni artigianali, costituisce per la CAPORALI il principale obbietivo, percè ogni pezzo firmato CAPORALI è davvero un’opera d’arte!
Fernando Saracino presenta il Decò Francese
Il termine “Decò” fu coniato a posteriori, verso gli anni Sessanta, per inquadrare la produzlone dei primi decenni del Novecento. II termine venne ricavato dall’Exposition Internationale des Arts Décoratils tenutasi a Parigi nel 1925, appuntamento dl consacrazione dell’ornamento, che rappresenta il momento culmlne dl questo stile. Nato dal bisogno di superare, con un atteggiamento “moderno” e consapevole, lantitesi tra industria e artigianato, lo stile Decò è stato caratterizzato dalla convivenza parallela di due aspirazioni apparentemente opposte: da un lato, la reazione alla “macchina” come strumento di banalizzazlone e impoverimento del gusto; dall’altro, la ricerca di una nuova cultura del progetto (e del prodotto) che sfruttasse i valori positivi della meccanlzzazione considerata portatrice di rinnovamento sociale. In sintesi, si tratta di due direzioni in cui la prima orienta il prodotto verso l’accentuazione delle qualltà artigianali, recuperando le raflinatezze della manualltà, con l’intento di dare continuità al passato; nella seconda, il legame col passato è volutamente spezzato: la decorazione viene abbandonata a favore della geometria e della funzionalità concretizzata in forme nuove, semplici e rigorose, in cui l’essenza della produzione industrlile viene assunta come fondamento intellettuale per la progettazione. All’interno dei due estremi che rappresentano le linee di confine della produzlone Decò, il mobile incarna il doppio requisito di mantenere la continuità col passato ln risposta alle aspirazioni borghesi, e insieme evitare di rimanere nell’imitazione e nel revival attraverso la semplificazione formale. Lo stile Deco è l’espressione di queste premesse concretizzate attraverso una trasformazione graduale del Liberty: “I colori da tenui e morbidi diventano violenti e contrastanti, domina ll nero e il tondo oro; le sagome da fluide e mosse si irrigidiscono, ordinate in una composizione simmetrica; i volumi sl fanno conilstentl, alla linea curva si sostituiscono la linea retta, lo spigolo acuto, il gradino; le superfici lisce costringono la decorazione in piccoli riquadri od ovali al centro del mobile. ll repertorio decorativo assume forme astratte a stelle, spirali, cerchi, triangoli, quadrati… I materiali vengono scelti con cura: legni esotici. radiche o legni nostrani, noce o castagno, dipinti in colori raffinati, grigio gralite, rosso amaranto, applicazioni metalliche dorate o argentate, contribuiscono ad arricchire il mobile, ad offrire un’idea dl raffinatezza e di lusso che è quanto richiede la borghesla aggressiva del primo dopoguerra, desiderosa di darsi un’immagine nuova”. Benché entrambe queste direzioni d’ispirazlone alla tradizlone e l’ideale di modernita del gusto contemporaneo avessero in comune l’idea di rinnovamento, sia della struttura sia della decorazione del mobile, nella produzione Deco prevalse la tendenza al recupero dei valori simbolici e decorativi degli oggetti, sfociata nella realizzazions di mobili d‘elite. “Destinato prevalentemente ad un pubblico elegante e squisito, il mobile Decò si presenta spesso come una specie di scrigno di materiali preziosi e ricercati dove l’arte del mobiliere poteva esprimersi al livello piu qualiticato, proponendosi come una continuazione della più alta tradizione ebanistica settecentesca’. ‘Per la maggior parte, i prodotti Decò tralasciano l’obiettivo della funzionalità, preferendogli “la rlcerca di effetti artistici per interni sontuosi, destinati a una clientela esclusiva e aggiornata per cui la casa significava anche una cornice di mondanità… Le strisce scure dell’ebano macassar. i patterns intricati screziati del legno di amboina, simile al mogano e proveniente dalle Niolucchs, e quelli del noce, accentuati da una perfetta lucidatura, i rivestimenti in guscio di tartaruga, in pelle dl zigrino… di serpente o anche di pescecane… costituivano cosi i segni distintivi di una produzions realizzata per un’elite desiderosa di stabilire un proprio status di gusto e di comportamento recuperando alla costosa quello che veniva tolto alla complessità del disegno”. II Decò rappresenta quindi il momento di assimilazione degli stimoli culturali dell’avanguardia all’interno della tradizione, in elaborazioni di grande qualità. Attenzione e accuratezza caratterizzano realizzazioni di grande eleganza. Attenzione ai volumi della composizione e alle superfici, introduzione di profili frammentati, mossi e dinamici, in cui si alternano linee curve erette che creano effetti insoliti e ricercati di luce e ombra; motivi a sporgenze e a gradini orizzontali o verticali per articolare superfici e volumi, in cui all’ornamento vengono dedicate zone ben precise dell`oggetto; scelta delle più svariate essenze legnose, dall’ebano alla palma, al palissandro, al sicomoro, al mogano, insieme all’acero e al frassino, usate accostando le varietà decorative delle venature dell’impiallacciatura all’aspetto compatto delle parti massello uso di materiali di pregio e di tecniche accurate, laccature estremamsnte laboriose ottenute con procedimenti di lavorazione lunghi e raffinati, che potevano dar ssito sia a superfici periettamsnts Iucids s Isvigats che a corrugamsnti, traslucidita, morbidezze e quanti piu possibili slimoli e curiosita sensoriali e tattili; sets, velluti, bordature in fili d’oro; psrgamene, pelli di ssrpsnts o di pescecane 0 di cavallino, avorio. como, madreperla, fino al trasgressivo inserimento deIl’acciaio cromato a sottolineare l’emancipazione dai precedenti canoni stilistici, curato fino ad imprimergli effetti sfarzosi in accostamento ai legni, all`argento, agli specchi. Rendere nobile ogni cosa, anche la piu umile, attraverso l‘attenzione posta nelle proporzioni dal bisogno o nella soluzione non scontata dei materiali, con accostamenti che accentuassero il vigoro oaprossivo di ognuno; Iavorazioni scrupoloso a pazionti, ricorca di offotti cromatici, di contrasti di superfici o di suggestioni tattili o visivo, por giungero a oggetti che, grazie alla sapiente opera dell’‘arteficio, raggiungassero la massima eleganza espressiva.
FRANCESCO MOLON
La FRANCESCO MOLON nasce nel 1966 proponendo riproduzioni di mobili d’antiquariato Europeo, con più di un centinaio di artigiani altamente qualificati ed esperti in verniciaturae applicazione della foglia oro (DORATURE), propongono il loro prodotto intutto il mondo.
La FRANCESCO MOLON produce quattro eleganti collezioni:
– XVIII secolo
– NEW EMPIRE
– ITALIAN and FRENCH COUNTRY
– EXECUTIVE LINE
FRANCESCO MOLON a livello internazionale è una figura molto apprezzata sul mercato. Con l’apertura del nuovo showroom circa 8 ani fa, FRANCESCO MOLON è impegnato nell’espandersi globalmente. Infatti ha aperto nuovi showrooms a High Point, Mosca, San Pietroburgo. I mobili della FRANCESCO MOLON sono famosi nel mondo per la loro storica bellezza e precisione, praticamente è l’antiquariato del futuro.
DOLFI
L’attività di DOLFI ha inizio nellontano 1960 con na produzione specializzata in mobili da ingresso, consolle e specchi. Negli anni ’90 la DOLFI prospera e incrementa ulteriormente fino a che nel 1996 inaugura la nuova struttura. Attualmente la DOLFI, essendo sempre pronta a soddisfare ciò che il mercati richiede, è in grado di fornire un vasto assortimento di articoli.
La DOLFI MOBILI si distingue anche nel rapporto qualità prezzo perchè con molta facilità si adatta alle continue trasformazioni del mercato. DOLFI per la costruzione di questi mobili usa dei materiali e delle vernici che non contengono sostanze che possono recare danno all’ambiente, all’uomo, alle cose.
GIUSTI PORTOS
Da bottega, oggi è un’azienda conosciuta e molto stimata. Oggi ha ampliato la produzione con una collezione di mobili di tradizione Classico/Moderno. La forgiatura è la massima espressione della GIUSTI PORTOS,la quale resta semp5re basta sulla manualità. Tra i prodotti che GIUSTI PORTOS produce (interamente a mano) ci sono letti in ferro e legno, armadi, gruppi notte (comò e comodini) e molto altro…
ZANABONI
Specialista nelle realizzazioni di divani ed imbottiti in genere di finitura CLASSICA. I materiali usati nella lavorazione della ZANABONI sono il meglio delle produzioni mondiali le quali oltretutto permettono di creare nuove tendenze che segnano la moda. Gli artigiani della ZANABONI, titolare in primis, sono in grado di realizzare il meglio del meglio perchè ricchi dell’esperienzaacquisita da tanti anni. ZANABONI cura molto sia l’aspetto estetico che quello della durata nel tempo.
BAGA
Alla BAGA HOME COLLECTION si creano e producono apparecchi decorativi adatti all’illuminazione. PLafoniere, appliques e lampadari vengonocostruiti in ferro battuto modellato e forgiato a mano. Ogni apparecchio è dipinto a mano e generalmente protetto conparticolari vernici che ne garantiscono la conservazione.
VITTORIO GRIFONI
E’ uninsieme di ARTE, CULTURA, LUSSO e RICCHEZZA.
Le forme dei mobili vengono messe in risalto dalla bellezza dei colori e delle decorazioni.
VITTORIO GRIFONI costruisce i suoi mobili con legno di qualità che con l’incredibile maestria degli ebanisti più famosi fanno da sfondo a vere e proprie opere d’arte. Le decorazioni dei mobili della GRIFONI VITTORIO si rifanno a dipinti e affreschi presenti nei tanti palazzi storici di Firenze, anche nei libri di storia dell’arte.
‘I MAGGIOLINI’ di MOBILI VILLA
Questa serie di mobili ‘I MAGGIOLINI’ risponde a principi di ammirevole sobrietà strutturale; unica ornamentaazione un minuscolo e delicato lavoro ad intarsio con cui l’artista-intarsiatore, disegna sulle lisce superfici motivi folreali, nodi svalorizzati, stemmi e trofei nonchè motivi paesistici. Si alternano lavorazioni complesse, consentite solo dall’ausilio di macchine elettroniche moderne, a lavorazione da una tradizione centenaria, affidando l’effetto cromatico unicamente al delicato contrasto fra le diverse sfumature dei legni impiegati.
LAGO MOBILI
Con la sia collezione ‘SCULTURA’ ritorna quasi allo stile barocco.
La LAGO MOBILI, oltretutto, costruisce pezzi particolari comw cassettoni del ‘700 interamente in noce selezionato con molta cura.
Tutti i mobili LAGO sono verniciati rigorosamente a mano, usando vecchi sistemi ‘GOMMALACCA’, i quali donano al mobile trasparenza e brillantezza nello stesso tempo.
La ditta ‘Savio Firmino’
La produzione di arredi e specchiere SAVIO FIRMINO, fedele alla tradizione toscana, sono di altissimo livello qualitativo che li rendono ‘pezzi unici’. L’oro e l’argento foglia sono eseguiti a mano dagli artigiani della SAVIO FIRMINO.
I tessuti utilizzati negli arredi sono di seta e lino. Le finiture di cassettoni e letti vanno dal bianco sporco Francese al noce naturale.
I MOBILI DI SARACINO ARREDA
La SARACINO ARREDA opera nel settore Arredamento e Progettazione dal 1955. Nel nostro modesto SHOW ROOM di Avetrana presentiamo le più grandi firme di Mobili, Cucine e Imbottiti, lampadari e complementi d’arredo.
Alcuni marchi:
SAVIO FIRMINO
CAPORALI
SILVANO GRIFONI
VITTORIO GRIFONI
MEDEA
LAGO MOBILI
BAGA
ZANABONI
CHELINI
BANCI
GIUSTI PORTOS
PROVASI
BUSSANDRI ARTE
TOSCONOVA
BENEDETTI
GRANDUCATO
SALDA
MANGANI
TERZANI
MECHINI
DOLFI
MOLON
MOBILI VILLA
IBOS CANTU’ ed rrredi classici rivisitati
IBOS vuol dire anche capacità di sviluppare linee di arrredi classici rivisitati, un genere di mobile che richiede indubbiamente nua notevole capacità interpretativa, e quindi un particolare impegno progettuale…
Nuove forme Per Giusti Portos
La notte della GIUSTI PORTOS si apre a nuove forme: per inventare, per stupire, per creare visione inaspettate. La notte di GIUSTI PORTOS è da guardare con occhi nuovi.
francesco molon prodotti d’Arredo
La FRANCESCO MOLON è una famosa azienda veneta per la qualitò ebanista dei suoi prodotti d’arredo, tra i migliori esempi del tradizionale artigianato artistico, che ancora oggi sopravvive nel cuore dell’area veneta.
Essegi elementi qualità aziendale
L’azienda ESSEGI si è presentata e si è fatta conoscere al pubblico attraverso un insieme di elementi che ha costruito il valore della qualità dell’azienda.
Dolfi creano l’ambiente ideale
Splendidamente giorno. I divani DOLFI creano l’ambiente ideale per accogliere meditazioni sulla bellezza senza tempo, per immergersi in dialoghi siulla morbidezza e sul pregio, per abbandonarsi ad un’atmosfera nobile e romanzesca.
decorart tradizionale artigianato
La DECOR ART è tra i migliori esempi del tradizionale artigianato, che nel corso degli anni ha riprodotto una serie diinteressanti pezzi storici.
Chelini l’oggetto significante che trasmettere emozioni
Attraverso il rapporto con la cultura, la CHELINI crea oggetti e arredi che potendo contare sulla ‘sapienza del fare’,potevano caricarsi di significati, ‘l’oggetto significante’ e trasmettere emozioni, ‘oggetti con supplemento d’anima’, con questo spirito e con questa attitudine alla sperimentazione, la CHELINI, tra le tante nell’ambito delle aziende di arredamento, rappresenta la punta di diamante nel suo settore.
BUSSANDRI ARTE i modelli originali
A proposito di classico e riedizioni, l’alto artigianato italiano, inprevalenza di ispirazione classica, un tempo migliore del mondo, perduti i modelli originali di riferimento e orientato verso memorie via via tendenti ad una produzione semplificata, BUSSANDRI ARTE allora pensò ad un modello in grado di attraversare trasversalmente tuttii settori dell’arredo in senso globale.
BOTTEGA D’ARTE certifica l’origine delpezzo acquistato
La BOTTEGA D’ARTE certifica l’origine delpezzo acquistato, inoltre garantisce la qualità dei materiali ela lavorazione tipicamente artigianale.
i mobili camillo bordignon
Lo stile ‘Neo Classico’ affermatosi nell’ultimo scorcio del XVIII secolo, si impose nel periodo dominando ogni campo della produzione artistica con un ritorno alla classicità che riprende i temi dell’antichità greca e romana, esaltandone le rappresentazioni, tutte organizzate entro rigidi schemi. Il comò in stile Luigi XVI della ditta CAMILLO BORDIGNON, realizzato in noce nazionale è ornato con fusioni di ottone brunito e antichizzato.
BIZZOTTO MOBILI per esaltare la ricchezza degli effetti cromatici
E’ importante sottolineare che i legni impiegati dalla BIZZOTTO MOBILI sono altamente selezionati onde evidenziare l’aspetto cromatico del manufatto. Per esaltare la ricchezza degli effetti cromatici dei legni, questi mobili vengono lucidati a spirito, soluzione di gommalacca in alcool.
per voi i mobili di bertele’ mobili
Questo spaccato di riproduzione di un comò della BERTELE’ MOBILI, del ‘700 italiano, realizzato in legno massiccio con intarsi in acero e Bois de Rose, su fondo palissandro inciso a bulino. La SARACINO ARREDA ha apetto per voi il mobili per mostrare i criteri di realizzazione che rispecchiano totalmente le tecniche dell’epoca.
legno e tamburato per benedetti mobili
La struttura dei MOBILI BENEDETTI è costituita completamente da legno e tamburato anche in quelle parti non a vista, come fianchi, piani. Il tutto è trattenuto da rinforzi trasversali che contengono il movimento naturale del legno nel tempo.
Filosofia Produttiva per Biaggio Annico
Una mirata Filosofia Produttiva maturata dalla riflessione sigli oggetti della nostra epoca, ci ha indotto a produrre mobili inossidabili nel tempo esaatamente come quelli delle collezioni dei musei. I fondamentali passaggiproduttivi si concretizzano attraverso il disegno dei mobili da collezione e vengono eseguiti diretamente dalla BAGGIO ANNICO, rispecchiando i canoni originali dell’epoca.
mobili classici del passato con assi d’asolo
Quetsa ‘classic collection’ della ASSI D’ASOLO ha naturalmente la stessa linea ed eleganza nelle interpretazioni che la rende una raccolta di sublimi riproduzioni dei mobili classici del passato.